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Una (piccola) Atlantide

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DIGA DI MORASCO, ITALIA

Anche il Piemonte ha la sua piccola Atlantide. Si trova nel comprensorio della Val d’Ossola, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, al confine con la Svizzera.

Più precisamente in Val Formazza, a circa 1.800 metri di altitudine, dove fino agli Trenta del secolo scorso sorgeva il piccolo borgo di Morasco il cui insediamento, risalente al XIII-XV secolo, si deve ai Wasler, popolazione di origine germanica che abita le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa.

Agli inizi del Novecento la Val d’Ossola conobbe un momento di grande crescita economica, grazie allo sviluppo dell’industria idroelettrica, il cosiddetto oro bianco.

Tra le dighe create ex novo ci fu proprio quella di Morasco, dove sorgeva un manipolo di case in legno e pietra, con una chiesa e un campanile, all’epoca ormai disabitate eccetto durante la stagione estiva.

E così il passato, di cui un piccolo oratorio nella collina mantiene viva la memoria, lasciò il posto al futuro, a un’infrastruttura di ardua realizzazione che diede un grosso contributo all’industrializzazione della valle e dell’Italia intera.

Per la sua costruzione, avvenuta nel 1936-40 a 1.815 metri, si poteva lavorare solo 4 mesi all’anno quando la morsa del gelo e della neve permetteva di salire in quota, attraverso le nuove strade appositamente costruite, e di raggiungere i magazzini e il villaggio anch’essi costruiti ex novo proprio per i 1.200 operai attivi giorno e notte.

Una linea ferroviaria permetteva di attingere a ghiaia, sabbia e pietre estrapolate da una cava a 3 km di distanza. Carrelli, gru e teleferiche permisero invece di trasportare cemento e calcestruzzo in loco.

La diga, in calcestruzzo, è alta 50 metri, con un invaso di 19 milioni e 380.000 metri cubi (per realizzare il quale furono scavati 119.000 metri cubi tra roccia e terra), ha una capacità di scarico di 269 metri cubi al secondo e un raggio di curvatura di 556 m.

La diga di Morasco, insieme alla diga del Toggia, mediante un tunnel lungo 5 km attraversato da tre gallerie e 2 pozzi di drenaggio, alimenta la centrale di Ponte (costruita nel 1929-32). Nel 1957 è stata invece inaugurata la centrale idroelettrica di Morasco, che sfrutta però le acque dell’invaso artificiale del Sabbione (26 milioni di metri cubi di capacità).

La diga di Morasco e la Val Formazza sono una meta ambita da alpinisti e appassionati di trekking, che in estate affrontano verdeggianti sentieri e in inverno percorsi per ciaspole: una moda sempre più diffusa la cui origine si perde nella notte dei tempi.

Le prime racchette da neve risalgono infatti a oltre 8.000 anni fa, erano utilizzate da popoli delle zone fredde di Asia, Canada e America settentrionale. A quei tempi la Terra non era come la vediamo oggi, ma un po’ più freddina: era la fine dell’ultima glaciazione, iniziata circa 110.000 anni fa, con l’Europa e l’Eurasia sotto una grande coltre di ghiaccio.

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 BACKGROUND 7

L'OPERA E LA TECNICA

Periodo di costruzione: 1936-1940
50

METRI ALTEZZA DELLO SBARRAMENTO

19.380.000

METRI CUBI VOLUME INVASO

269

M 2 /SEC CAPACITA' DI CARICO

556

METRI RAGGIO DI CURVATURA

1.200

PERSONE COINVOLTE

CLIENTE

Volta S.p.A. (Gruppo Edison)

COSTRUTTORE

Girola, poi confluita nel Gruppo oggi Webuild

I lavori per la costruzione della Diga di Morasco furono affidati alla società Girola, confluita poi nel Gruppo oggi Webuild.
Per raggiungere il cantiere, a quota 1815 m s.l.m., come dicevamo fu necessario costruire nuove strade, magazzini e un intero villaggio per ospitare gli uomini coinvolti nella costruzione.

 BACKGROUND 2

APPROFONDIMENTI CULTURALI

LAPTOP Morasco
BOX CINEMA Morasco 01

Una grande realizzazione idroelettrica
in Val Formazza:
Diga di Morasco

(Istituto Nazionale Luce, 1935-1936)

BOX CINEMA Morasco 02
BOX CINEMA Morasco 03
 BACKGROUND 1
BENEFICI

L’oro bianco
degli anni ’30

La diga di Morasco figura tra le principali infrastrutture realizzate negli anni Trenta per sostenere l’industrializzazione italiana nel periodo aureo dell’idroelettrico.

Il ventennio post-bellico rappresentò per l’Italia un periodo di crescita importante (con alcune battute di arresto coincidenti con la crisi del ‘29 e con la crisi provocata dalle sanzioni internazionali che furono comminate dopo l’invasione dell’Etiopia), che fu sostenuta da una programmazione industriale di ampio respiro fortemente sostenuta dai soggetti privati.

In Lombardia la Edison operò come fondamentale driver dello sviluppo energetico settentrionale, che nel ventennio fu sollecitato dalla vertiginosa crescita dei consumi elettrici industriali e domestici e dell’elettrificazione del trasporto ferroviario e tramviario.

Non è caso se la produzione di energia idroelettrica negli anni in cui la diga venne realizzata passò dai 13.261 GWh generati nel 1936 ai 19.270 del 1941, con consumi pro-capite passati nel medesimo quinquennio da 268 a 391 kWh.

La zona dove sorse la diga di Morasco era tra le più antropizzate dell’arco alpino e tra gli anni ’30 e ’60 vi vennero costruite 6 dighe e altrettanti bacini (Morasco, Sabbioni, Vannino, Toggia, Codelago e Busin), oltre a un'incredibile quantità di condotte sotterranee che sin dalle cime dei ghiacciai delle Alpi Lepontine collegano le falde acquifere ai bacini e alle 28 centrali presenti lungo l'alveo del fiume Toce.

Tali interventi favorirono il contenimento dei tradizionali fenomeni migratori stagionali (provenivano dalla confinante Val Vigezzo i più famosi spazzacamini europei) e la successiva industrializzazione del comprensorio ossolano.

La costruzione della diga sommerse la località di Morasco, che era disabitata nei mesi invernali e popolata nei mesi estivi, quando alcuni allevatori si trasferivano negli alpeggi in quota.

Per ricordare il paese sepolto e commemorare gli operai caduti sul lavoro la società Edison fece erigere un piccolo oratorio su una collina prospiciente.

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