Una lunga storia con lieto fine

VIADOTTI SFALASSÁ E FAVAZZINA, ITALIA
La storia della Salerno-Reggio Calabria è un’epopea lunga 82 anni (54 di lavori). Per questo in molti l’hanno ribattezzata l’opera eterna.
La sua prima comparsa negli annali data 1934, quando il Piano Regolatore delle Autostrade Italiane prevedeva la costruzione dell’autostrada tirrenica Livorno-Civitavecchia-Salerno-Reggio Calabria. Ma il progetto non partì.
Il programma di costruzione della ex A3 (nuova A2), la Salerno-Reggio Calabria, con un budget di 100 miliardi di lire fu infatti approvato per legge solo nel 1955 e i lavori avviati nel 1962.
Nel 1967, 125 km da Salerno a Lagonegro erano già in esercizio, per i restanti 318 km, invece, si incontrarono molte difficoltà. L’A2 è infatti l’autostrada più alta d’Europa, con 1.000 metri di altitudine media sul livello del mare e 100 km di gallerie, oltre a numerosi viadotti costruiti dai migliori ingegneri dell’epoca, nell’arduo contesto appenninico.
L’ultimo tratto fu aperto nel 1974, con un costo finale di 368 miliardi di lire. Dopo 40 anni, dunque, un lieto fine. E invece no. Le cose andarono diversamente, continui cantieri e deviazioni la resero per altri 40 anni, un’interminabile, moderna e proverbiale «fabbrica di San Pietro», definitivamente terminata e aperta al traffico in tutti i suoi 440 km solo il 22 dicembre 2016.
Tre le sfide ingegneristiche più ardue dell’infrastruttura, che attraversa il Meridione, vi sono la ristrutturazione del Viadotto Sfalassà (nel 2008) e del Viadotto Favazzina (nel 2013). Ma andiamo con ordine.
Il Viadotto Sfalassà è sospeso a 249 metri di altezza sull’omonimo torrente nella valle di Bagnara Calabra, con un’unica campata metallica centrale lunga 376 m. Era stato costruito nel 1972 e in quell’anno insignito del premio Convenzione Europea della Costruzione Metallica.
È lungo 769 m e ha sostegni alti 125 m inseriti in un’area ad alto rischio sismico. La soluzione che permette di scavalcare, con un unico balzo, la parte più profonda del vallone è una struttura mista in cemento armato precompresso, da cui si diparte la spettacolare campata metallica a portale.
Il Viadotto Favazzina, invece, era stato progettato nel 1974 dall’ingegnere Riccardo Morandi, con due strutture sospese tra le scoscese e rigogliose valli nella punta dello stivale in prossimità della Sicilia.
È lungo 449 m, alto 150 m dal fondovalle. È curvilineo dall’inizio alla fine, l’impalcato è realizzato con un sistema misto di acciaio e calcestruzzo, sorretto da enormi pile piantate nella vallata, alte da 55 a 92 metri circa.
A livello ingegneristico è considerato tra i viadotti più significativi d’Europa, in una profonda valle circondata da ripide montagne, con parapetti alzati di 1,5 m e reti anticadute, una cuffia lunga circa 80 m, bloccata al terreno da 10.000 chiodi, permette di «aggrappare» il nuovo viadotto ai pendii scoscesi.
In entrambi i viadotti sono stati rimossi i vecchi materiali e rinaturalizzati con alberi e vegetazione i versanti delle montagne e l’alveo del fiume intaccati dai cantieri.

L'OPERA E LA TECNICA
Cliente: A.N.A.S.
Periodo costruzione: 1965-1974, 2008-2012
Costruttore: Impremaviter S.p.A. (1965-74), Webuild (2008-2012)
Cliente: A.N.A.S
Periodo costruzione: 1965-1974, 2008-2012
Costruttore: S.p.A. Costruzioni Umberto Girola (1967-69) e Impremaviter S.p.A. (1965-74), Webuild (2004-2013)
Lunghezza: 769 m
Luce principale: 372 m
Altezza sostegni: 125 m
Profondità fondovalle: 250 m
Lunghezza: 440 m
Altezza sostegni: fino a 91,9 m
Profondità fondovale: 150 m
Nel progetto di costruzione della nuova autostrada Salerno-Reggio Calabria rientrano due opere di grande interesse ingegneristico: la ristrutturazione del Viadotto Sfalassà e la realizzazione del nuovo Viadotto Favazzina.

Il ponte sullo Sfalassà
(Pietro Magni, 1974)

APPROFONDIMENTI CULTURALI


Una strada pronta per le auto a guida autonoma. Ma il mondo lo è?
La A26 è la prima autostrada italiana in cui sono state condotte le prime sperimentazioni di guida autonoma a traffico aperto. La ricerca su questo tipo di veicolo sta procedendo velocemente, ma dovranno passare ancora alcuni anni per vederne i frutti. Per ora la caratteristica più diffusa è la frenata d’emergenza in caso di pericolo: si tratta del Livello 2 che la SAE, Society of Automotive Engineers, ha stabilito per l'automatizzazione dei veicoli. In tutto sono sei, anzi, cinque più uno perché si parte dal livello 0.
Livello 0
Non esiste alcun automatismo elettronico.
Livello 1
Si tratta di un sistema che conosciamo bene, con guida assistita. Questo comprende ABS (il sistema antibloccaggio obbligatorio da qualche anno), Cruise Control, Parcheggio automatico e rivelatore di corsia, molto utile per controllare l'uscita dalla careggiata.
Livello 2
E' quello più diffuso nelle auto prodotte negli ultimi anni e comprende i sistemi in grado di intervenire, in caso di pericolo, sia sulla frenata, sia sull’accelerazione.
Livello 3
Sono le auto in grado di sostituirsi completamente al guidatore in alcune situazioni, in particolare in autostrada e nel parcheggio.
Livello 4
Molti sensori portano l’auto a un livello successivo, in grado di capire l’ambiente esterno e quindi anche nel traffico. Se il guidatore è distratto, interviene il sistema di guida.
Livello 5
Rappresenta un’automobile che ancora non abbiamo visto, in grado senza alcun pericolo di gestire velocità, interventi d’emergenza, direzione e percorsi in totale autonomia, riuscendo in manovre complesse senza l’intervento umano.
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