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"Non si farà mai"
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L'opera e la tecnica: Impianto idroelettrico di Kariba, Zimbawe

Nel luglio 1956 fu assegnato l’appalto per la costruzione della diga sul fiume Zambesi, delle condotte di adduzione dell’acqua alla centrale, della centrale idroelettrica e delle gallerie di scarico e di restituzione dell’acqua al fiume. Tra i principali cinque gruppi internazionali in gara, le operazioni furono commissionate a un consorzio di quattro imprese italiane: Impresa Umberto Girola e Impresa Ing. Lodigiani (entrambe confluite nel Gruppo Webuild), Imprese italiane all’estero, Impresa Ing. Giuseppe Torno.

Un mese più tardi iniziarono i lavori. Furono ingaggiati e formati circa 5.000 operai locali che si aggiunsero ad altrettanti europei.

Si realizzò immediatamente la viabilità per il raggiungimento del cantiere e una pista di atterraggio per i collegamenti aerei con la capitale. Ben presto la pista si trasformò in un vero e proprio aeroporto. Poco distante l’area di cantiere, fu costruita una cittadina con tutti i servizi necessari.

Il cantiere di Kariba raggiunse un livello di meccanizzazione elevatissimo per l’epoca.
Furono installati gli impianti per la produzione del calcestruzzo. Il pietrisco fu ricavato da una grande cava di roccia e trasportato nei frantumatoi con camion ribaltabili, selezionato in diverse pezzature poi convogliate in depositi tramite nastri trasportatori. Il cemento arrivò da 200 km di distanza a bordo di camion speciali e accumulati negli ottanta silos disponibili con una capacità totale di 240.000 quintali.

La principale criticità della costruzione fu quella di gettare le fondamenta nelle acque vorticose del fiume, con una portata, nei periodi di magra, pari a quella del fiume Po ma capace di crescere con incredibile rapidità fino a cinquanta volte di più.

Per costruire le fondamenta nell’alveo del fiume, si divisero le operazioni in due fasi.

Nella prima si scavarono le rocce della riva sud, creando un canale sotterraneo di scarico lungo 390 metri, alto 12 metri e largo 10 metri; poi, nella sponda nord, che nelle stagioni asciutte non era coperta dalle acque, si realizzò il primo cofferdam, uno sbarramento temporaneo a catino in calcestruzzo per permettere agli uomini di lavorare al riparo dal fiume e poter erigere i primi cinque elementi della diga.
In questa fase si procedette inoltre alla costruzione delle centinature delle gallerie che diventarono poi le condotte di scarico dell’acqua in uscita dalle turbine della centrale elettrica.

Una volta completata la prima fase fu rimosso il primo cofferdam dando libero corso alle acque.

La seconda fase, la più complessa, iniziò il 6 luglio 1957 con le operazioni per la realizzazione del secondo cofferdam sulla sponda a nord e del terzo in posizione centrale.

Nella primavera del 1958 si dovette far fronte alla più grande piena del fiume mai registrata fino ad allora, a causa delle straordinarie piogge cadute: 17.000 m3 di acqua al secondo travolsero ogni cosa. Quando l’acqua si ritirò, si dovette ricostruire, prosciugare, verificare e riparare i danni subiti.

Successivamente i lavori ripresero con maggiore velocità e vennero costruiti gli altri elementi della diga finché questa non fu compatta e fu possibile completarla in elevazione.

Fu quindi realizzata la centrale elettrica sotterranea, azionata dalla forza delle acque che attraverso la condotta forzata precipitano sulle turbine da un’altezza di 100 metri.

La centrale è costituita da sale ipogee, da gallerie e pozzi e da una gigantesca sala macchine alta 40 metri, larga 26 metri e lunga 140 metri.

Una volta completata l’opera, si costruirono le linee per l’irradiazione dell’energia prodotta, pulito il fiume eliminando i detriti della demolizione dei cofferdam e furono eseguite le prove di collaudo. La diga fu quindi consegnata nel 1960, con sei mesi di anticipo sui tempi programmati.